La Bachicultura in Italia
Un’epoca lunga e gloriosa, quella della seta italiana, che tra il XII e il XVII secolo invase l’Europa intera, forte della produzione più ampia di tutto il continente. Un’epoca gloriosa che con la Rivoluzione industriale – e le filande sorte un po’ ovunque nel nord del Paese – visse un ulteriore rigoglio, per poi crollare repentinamente a cavallo delle due Guerre mondiali e scomparire del tutto dopo la Seconda.
I sicari di questa esecuzione? Le fibre sintetiche e l’inurbazione, dal momento che la bachicoltura era di solito un prodotto collaterale dell’attività agricola, appannaggio soprattutto di donne e bambini non direttamente coinvolti nel lavoro dei campi o nell’allevamento.
Un curioso coltivatore
Come tanti agricoltori, anche Raffaele Ricci Curbastro (1858-1942) è stato appassionato di bachicoltura e un oggetto conservato nel museo ce ne dà testimonianza. Si tratta di una fiala speditagli nel 1889 da un produttore di uova di baco. Costo della spedizione: 2 centesimi di lire; indirizzo: Lugo di Romagna, tanto era nota la Villa che bastava indicare il nome del paese.
Non che la bachicoltura fosse il solo interesse coltivato da Raffaele, che aveva studiato da avvocato e proprio in quegli anni, nel 1892, avviava una piccola fabbrica di concimi chimici e perfosfati di ossa.
Dall’uovo alla crisalide
L’agricoltura è tempo circolare, di stagioni che si alternano e dettano ognuna il proprio compito. Ecco perché possiamo facilmente immaginare la storia che sta dietro a quella fiala, la storia di ogni primavera, anno dopo anno. Tra aprile e maggio i produttori inviavano a Raffaele queste fiale piene di uova, preservandole in un astuccio di legno – uno dei quali è anch’esso conservato nel museo. Una volta che le uova – spedite dopo essere state tenute in frigo per un anno ed estremamente sensibili agli sbalzi di temperatura – erano maturate, i bachi venivano allevati con cura e nutriti con foglie di gelso, dei cui filari l’azienda era ricca.
Questione di giorni, di poche settimane: appena il baco si trasformava in crisalide, il suo bozzolo veniva essiccato e inviato alle filande. Di lì, la seta e i suoi usi, esempio della meraviglia che è la natura nelle mani dell’uomo operoso.
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